Posted by on 16 luglio 2014

 
 
 

Poesia di Salvatore Fittipaldi
Sulla tangenziale

il Faust che sento dentro, me lo porto appresso (a spasso,
sulla tangenziale) nei posti dove vado (dove non ci sono limiti e distanza,nè forma
in cui la mente deve subire il richiamo, disordinato, dell’inconsistenza: nei posti
estremi dove il paese cammina in automobile, per conto suo, con il suo ritmo,
con il suo essenziale ( essenzialmente, con l’apparente e con il reale):

proseguo per la solita corsia (la destra) a piedi, fino al trivio
(forse Wilde, se l’avessi letto al tempo giusto poteva darmi ,adesso,
una visione migliore, più esatta anche della corsia sinistra):

col tempo ho imparato (solamente: per ripetizione)
che dove c’è dolore non c’è nessuna strada che porta al proprio destino
(anche Polonio, non sapeva se era una donnola o un cammello):

ho imparato che la vita, misteriosamente,
ci sfugge (e da cui, per paura del dolore, fuggiamo :senza poter
sfuggire dal dolore, mai):
adesso ho il passo lento, ma più lungo (non veloce: giungerebbe
presto ma a nessun posto): so dove non andare, mentre vado
senza sapere dove:
è al trivio (di Via Berlinguer) che devo scegliere la destinazione,
verso il Centro, l’Appia o l’Autostrada:

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Ivano Mercanzin

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