GONZALES INARRITU
González Iñárritu è il primo regista messicano a ricevere una nomination come miglior regista agli Oscar e dalla Directors Guild of America. È anche il primo e unico regista messicano ad aver vinto il premio per la miglior regia al Festival di Cannes. I suoi quattro lungometraggi, Amores perros (2000), 21 Grammi (2003), Babel (2006) e Biutiful (2010) sono stati acclamati dalla critica di tutto il mondo e hanno raccolto complessivamente dodici nomination agli Oscar.
Alejandro González Iñárritu è figlio di Hector González Gama e Luz María Iñárritu. Passa la sua infanzia a La Colonia Narvarte, un quartiere borghese vicino al centro di Città del Messico. Il padre è un ricco dirigente di banca ma quando Alejandro ha cinque o sei anni, la famiglia González Iñárritu subisce un tracollo finanziario e va in bancarotta. Alejandro racconta che il padre è stato una fonte d’ispirazione e si è sempre preso cura della sua famiglia con la “determinazione e forza di un guerriero”. Per sostenere alle necessità della famiglia, il padre di Alejandro apre un’attività commerciale in proprio che consiste nel comprare frutta e verdura dal mercato Central de Abastos e rivenderla ai ristoranti durante la giornata. Nonostante le difficoltà economiche, Alejandro passa un’infanzia molto felice.
Durante l’adolescenza Alejandro s’imbarca come mozzo su una nave da cargo, la prima volta a 17 anni, la seconda a 19: pulendo pavimenti e ingrassando i motori, attraversa due volte l’Oceano Atlantico. Dopo la seconda traversata decide di restare in Europa e Africa per un anno vivendo con soli 1.000 dollari. Questa esperienza molto intensa sia dal punto di vista fisico che intellettuale, influenzerà profondamente la visione artistica di González Iñárritu negli anni a venire. Sempre a questo periodo risale la lettura dei grandi classici dell’esistenzialismo che definiranno il suo modo di fare cinema.
Al suo ritorno in Messico, inizia a studiare comunicazione all’Universidad Iberoamericana. Nel 1984 muove i primi passi della sua carriera come conduttore radiofonico per la stazione messicana WFM. Nel 1986 diviene direttore artistico di questa stazione rock dai gusti eclettici e per cinque anni rimarrà la radio numero uno fra i giovani di Città del Messico. Fra il 1987 e il 1989 compone le colonne sonore per sei lungometraggi messicani. In seguito si dedica allo studio del teatro con il noto regista polacco Ludwik Margules e, più tardi, direzione teatrale con Judith Weston nel Maine e a Los Angeles. Negli anni ’90 fonda Z Films con Raul Olvera: l’intento è di scrivere, produrre e dirigere lungometraggi, cortometraggi, spot, audio e programmi televisivi. Nel 1995 Z Films è la più grossa e influente compagnia di produzione messicana e i sette giovani registi che compongono la società arriveranno tutti a dirigere lungometraggi.
Nel 1995 González Iñárritu incontra e inizia la collaborazione con lo sceneggiatore Guillermo Arriaga: dopo tre anni di lavoro e 36 bozze, il lungometraggio Amores perros (2000) prende forma. Il film, che attraverso tre storie rappresenta crudamente la vita messicana, si guadagna diversi riconoscimenti fra cui una nomination agli Oscar come Miglior Film Straniero, Miglior Film di Lingua Non Inglese ai BAFTA e il Gran Premio per il miglior lungometraggio e Premio della Critica Giovani alla “Settimana della Critica” delFestival di Cannes 2000. Con più di 60 premi raccolti nei festival di tutto il mondo, Amores perros è il film del 2000 che riceve il maggior numero di riconoscimenti e segna il debutto cinematografico di Gael García Bernal.
González Iñárritu completa il quinto cortometraggio Powder Keg della serie The Hire creata da BMW e che va ad affiancarsi ai contributi di Ang Lee, Wong Kar Wai, Guy Ritchie e John Frankenheimer. Oltre a questo corto, González Iñárritu filma un segmento per il film indipendente 11 settembre 2001 (2002), un’opera collettiva volta a rappresentare gli effetti sulla coscienza mondiale degli attentati dell’11 settembre e firmata da Claude Lelouch, Shōhei Imamura, Ken Loach, Mira Nair, Amos Gitai e Sean Penn.
Dopo Amores perros, González Iñárritu decide di dirigere il suo secondo film 21 Grammi negli Stati Uniti. Il film, scritto nuovamente da Guillermo Arriaga e nato da un’idea comune fra il regista e lo sceneggiatore, vede come attori principali Benicio del Toro, Naomi Watts eSean Penn. Il film è presentato al Festival di Venezia e la performance di Sean Penn vince la Coppa Volpi. Alla cerimonia degli Oscar del 2004 Del Toro and Watts sono nominati rispettivamente come Migliore Attore Non-Protagonista e Migliore Attrice Protagonista.
Il progetto successivo, Babel, racconta quattro storie ambientate fra Marocco, Messico, Stati Uniti e Giappone. Il film affianca star come Brad Pitt e Cate Blanchett a un cast che comprende attori al loro debutto cinematografico (fra cui Adriana Barraza e Rinko Kikuchi) e non-professionisti. Il film è presentato a Cannes nel 2006 e González Iñárritu riceve il premio per la miglior regia. Babel esce nelle sale a novembre del 2006 e riceve sette nomination per la 79ma edizione degli Oscar, fra cui Miglior Film e Miglior Regista. Gustavo Santaolalla vince nella categoria Miglior Colonna Sonora Originale. Babel consegue anche il premio come Miglior Film drammatico ai Golden Globe Awards nel 15 gennaio 2007.
Nel 2006, le strade di Arriaga e González Iñárritu si dividono dopo che Arriaga inizia una campagna stampa per rivendicare allo sceneggiatore il ruolo di co-autore del film al pari del regista. A seguito di un’intervista particolarmente polemica di Arriaga pubblicata dalla rivista messicana Chilango, González Iñárritu risponde allo sceneggiatore con una breve lettera in cui si dispiace che il collaboratore “abbia così bisogno dell’attenzione dei media e che dovrebbe provare a dirigere un film” per essere accreditato come autore della pellicola. Questa missiva, scritta come risposta all’intervista di Arriaga, viene ripresa da ogni media messicano e spesso pubblicata fuori contesto. González Iñárritu decide di mitigare i toni dichiarando che nessuno che non abbia mai messo piede sul set o creato un’inquadratura possa reclamare il titolo d’autore di un film. A seguito del comportamento di Arriaga, l’invito per lo sceneggiatore ad assistere alla première di Babel al Festival del Cinema di Cannes viene ritirato.
L’ultimo film di González Iñárritu, Biutiful, ha come protagonista Javier Bardem ed è il primo film in lingua spagnola dai tempi di Amores Perros. Il film è presentato in anteprima a Cannes il 17 maggio 2010 e la performance di Bardem si aggiudica il premio come Migliore Attore a pari merito con Elio Germano de’ La Nostra Vita. Biutiful è nominato ai Golden Globes del 2010 come Miglior Film Straniero, ai BAFTA come Miglior Film non in lingua inglese e rappresenta il Messico nella categoria Miglior Film Straniero all’83ª edizione della cerimonia di premiazione degli Oscar. Javier Bardem si aggiudica una nomination come Miglior Attore e il film riceve critiche estremamente positive. È considerato da molti uno dei lavori migliori di González Iñárritu.
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AMORES PERROS (2000)
Il film è diviso in tre episodi che si intrecciano fra di loro; i protagonisti sono persone di diverse estrazioni sociali che per un motivo o per l’altro interagiscono con i cani e tra loro.
La prima storia ha come protagonista Octavio, che vive con la madre, il fratello Ramiro, la consorte di quest’ultimo e il loro neonato. Tra Octavio e la moglie del fratello nasce una storia, aiutata dai modi bruschi con i quali il violento Ramiro tratta la compagna. Octavio vorrebbe scappare con lei ma la mancanza di denaro non lo aiuta: a tal proposito decide di sfruttare il proprio cane nei numerosi combattimenti clandestini che si svolgono in città. La bestia è molto forte fisicamente e frutta all’uomo un bel gruzzolo, che gli permetterebbe di andarsene di casa. Tuttavia all’ultimo combattimento il cane viene gravemente ferito da un colpo di pistola e Octavio, per vendicarsi, accoltella il padrone dell’altro cane, che aveva premuto il grilletto. Ne consegue uno spettacolare inseguimento nel quale Octavio causa un incidente con un’altra automobile.
Il secondo intreccio ci illustra la patinata vita di una modella di nome Valeria che, portandosi dietro il suo inseparabile cane, va a vivere assieme al suo compagno, appena separato dalla moglie. La vita della bella donna tuttavia prende una brusca sterzata quando viene coinvolta nello scontro con l’auto in fuga di Octavio. Valeria subisce gravi danni alla gamba destra, che la costringeranno ad una lunga riabilitazione. Inoltre, complici gli avvenimenti capitati allo stesso cane, il rapporto tra i due sembra incrinarsi: i litigi diventano sempre più frequenti. La situazione precipita quando Valeria viene colpita da trombosi, e i medici sono costretti ad amputarle la gamba: per la donna, che delle proprie gambe aveva fatto il punto forte della sua carriera, è un colpo psicologicamente molto duro da assorbire, ma che probabilmente le consentirà di riappacificarsi con il suo compagno.
La terza storia tratta di un sicario (si fa chiamare El chivo) che uccide per guadagnarsi da vivere, e che trascorre la sua esistenza circondato dai suoi numerosi cani, in una squallida abitazione in un quartiere malfamato della città. Prima di essere stato in prigione El chivo era un guerrigliero che anni fa aveva abbandonato la moglie e la figlia per cercare di cambiare la società. Nonostante il suo personaggio venga approfondito nell’ultima parte del film, egli appare anche durante la prima metà, e si trova nel luogo dell’incidente tra Octavio e Valeria. In questa occasione raccoglie il moribondo cane del ragazzo e lo porta a casa per curarlo. Il suo prossimo incarico consiste nell’uccidere un uomo, su commissione del fratellastro. Decide però di cambiare vita: per terminare il suo compito rapisce la vittima, la imprigiona in casa propria e la fa incontrare con il fratellastro, il quale era venuto per pagarlo. Decide dunque di lasciarli lì entrambi, con una pistola in mezzo alla stanza. Successivamente si rade e va a casa della figlia, assente, lasciandole dei soldi, delle foto ed un messaggio di affetto e di rinconciliazione nella segreteria telefonica. Fatto questo, accompagnato dal cane che fu di Octavio, parte verso destinazioni ignote.
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21 GRAMMI (2003)
Jack Jordan è un ex detenuto divenuto credente integralista in seguito al suo ultimo periodo di detenzione. La vita in famiglia gli è resa difficile proprio da questa sua insistenza sulla fede, che spesso sfocia nel fanatismo, mentre le sue possibilità di trovare lavoro sono compromesse dalla sua infelice fama.
Cristina è un’ex cocainomane che conduce ora una tranquilla esistenza con il marito e le sue due figlie.
Paul Rivers è un matematico con gravi problemi al cuore e alla ricerca di un donatore; a causa della sua infermità si ritrova a convivere nuovamente con la sua ex moglie Mary, la quale vuole a tutti i costi avere un figlio da lui anche ricorrendo all’inseminazione artificiale.
Evento cardine, attorno al quale ruota tutta la storia, è l’incidente d’auto in cui Jack Jordan investe il marito e le figlie di Cristina, che muoiono per omissione di soccorso. Il cuore di Michael (marito di Cristina) viene così impiantato a Paul Rivers, che può finalmente tornare alla sua vita, ma è ossessionato dalla ricerca della persona a cui deve la vita. Arriverà così sulle tracce di Cristina (che è tornata ad essere dipendente da varie sostanze e dall’alcol) instaurando con lei un rapporto che all’inizio sembrava compromesso dal triste legame che li univa. I due decidono di uccidere Jack Jordan (che si era costituito ed aveva scontato già la sua pena) per fargliela pagare, e si trasferiscono nello stesso motel in cui vive lui ora. Questo porterà all’incontro finale fra i tre ormai stremati personaggi e alla drammatica conclusione della vicenda.
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BABEL (2006)
Sulle montagne dell’Atlante un pastore, prima di partire per un viaggio, affida un fucile da caccia grossa ai suoi due figli per allontanare e uccidere gli sciacalli. I ragazzi, mentre pascolano le capre del padre, si esercitano nel tiro e il più giovane è dotato di buona mira a differenza del maggiore. Quasi per ripicca il fratello maggiore decide di dimostrare le sue capacità sparando contro una macchina che sta passando in fondo alla valle, senza colpire il bersaglio, passa allora il fucile al fratello che invece spara ad un autobus.
Una coppia americana segnata dal dolore della morte per SIDS di uno dei loro figli, decide di provare a dimenticare e a recuperare un rapporto che si è logorato, con un viaggio in Marocco. Mentre percorrono, su di un autobus, una strada tra le montagne dell’Atlante, un proiettile colpisce la donna ad una spalla ferendola gravemente.
La governante messicana, cui sono stati affidati i due figli dai genitori in viaggio, trasgredendo agli ordini ricevuti, decide di portarli con sé al suo paese per il matrimonio del figlio. È una bella festa ed i bambini si divertono molto, ma al ritorno, una volta giunti alla frontiera con gli Stati Uniti, il giovane alticcio che guida l’auto, nipote della governante, forza il blocco delle autorità doganali e lascia i tre spaventati passeggeri nel deserto, dove rischieranno di morire di sete, finché la polizia non li ritrova.
A Tokyo, una ragazza costretta a fare i conti non solo con i classici problemi adolescenziali, acuiti dal recente suicidio della madre, ma anche con il proprio handicap, il sordomutismo, e che si sente rifiutata dai suoi coetanei, cerca di farsi amare, offrendosi provocatoriamente agli uomini che incontra, anche se molto più anziani. Tra questi c’è pure un tenente di polizia venuto a casa sua per cercare il padre, che tempo prima aveva regalato un fucile da caccia alla sua guida marocchina.
Il finale, che lega tutte le storie, vede la famiglia statunitense e quella giapponese uscire dalla vicenda rinsaldando i vincoli familiari e con una prospettiva di una rinnovata speranza nel futuro; mentre per i rappresentanti delle culture meno occidentalizzate non può che esserci la tragedia ad attenderli: in Marocco, durante un conflitto a fuoco coi poliziotti venuti ad arrestare il padre, viene ucciso Ahmed, il figlio maggiore, mentre la tata messicana viene espulsa dagli Stati Uniti senza neppure poter rivedere per un attimo i bambini che aveva accudito e che erano stati buona parte della sua vita.
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BIUTIFUL (2010)
Uxbal ha due figli, Ana e Mateo che ama profondamente e una moglie, Marambra, con la quale c’è un rapporto conflittuale che li spinge a separazioni e a tentativi di riappacificamento. Uxbal vive di manodopera clandestina che sopravvive ammassata in tuguri (i cinesi) o cerca di far crescere il proprio figlio in condizioni comunque estremamente precarie come l’africana Ige. Uxbal si trova a confronto con la morte anche di minorenni. Uxbal attende la morte, la sua. Uxbal ha un cancro che gli lascia poco da vivere.
Per Alejandro Gonzales Inarritu è finalmente arrivato il film della maturità. Liberatosi dell’autoimposta necessità di far prevalere gli incastri di montaggio sulla qualità della sceneggiatura si autorizza in Biutiful a portare sullo schermo una storia tanto lineare quanto complessa e profonda. È come se quell’anello che Uxbal dona all’inizio del film (si scoprirà molto più tardi a chi) affermandone l’autenticità a dispetto di quello che ne ha detto la moglie, fosse un patto con lo spettatore. Non si cercherà più di mescolare le carte, di lavorare sulla dimensione degli scarti temporali per occultare eventuali vuoti di scrittura. Grazie al corpo/cinema di Xavier Bardem Inarritu si mette a nudo e ci costringe a ‘guardare’ il dolore, a sentirlo penetrare in noi, a condividerlo. Scegliendo però sin dall’inizio una delle città ‘da cartolina’ per eccellenza: Barcellona.
Se Woody Allen, spinto da esigenze di budget e con una punta di autoironia, ci aveva portato a spasso per i luoghi cari al turismo di massa Innaritu fa l’opposto. La Barcellona di Gaudì sta racchiusa in un lontano panorama. La città di cui percorriamo strade e vicoli è un organismo divorato, come quello del protagonista, da un cancro sociale che ha prodotto metastasi ovunque. Non c’è nulla di ‘biutiful’ se non forse, la speranza che cova nello sguardo di Mateo e in quella sua attesa di un viaggio premio sui Pirenei.
Pochi film hanno saputo far ‘sentire’ in modo così partecipe e lucido il magma ribollente di un animo in cui ai molteplici sensi di colpa sociale si mescola inestricabilmente la mancanza di una figura paterna (che si spera di ritrovare nell’aldilà) e, al contempo, il sentirsi padre fino all’estremo, fino all’ultimo. Fino a oltre la morte.
(credit: Giancarlo Zappoli per Mymovies)