La pittura di Daniele Nalin si inserisce nel filone del graffitismo, dell’uso dei segni e delle parole che assumono un significato oltre l’etimologia stessa.
Segni quindi che nella loro forma e colore diventano essi stessi parte del tutto e il cui significato letterale esula dall’insieme.
I nomi noti a cui far riferimento sono Keith Haring e Jean–Michele Basquiat, ma solo come analogia, non tanto per lo stile che si discosta dal primo in quanto in Haring vi e’ la ripetizione di un modulo che con forme simili e colori diversi , e accesi , si ripete all’infinito, (come Capogrossi con il suoi simboli ripresi più volte che ne identificano irrimediabilmente l’autore) e da Basquiat in quanto non vi e’ il primitivismo ( di chiara ispirazione all’Art Brut di Dubuffet) ne’ la cupezza e la mostruosità di certe sue opere.
Tornando alla pittura di Nalin a una lettura più approfondita vediamo nel suo quadro raffigurati la Menorah, che ha un preciso significato identificativo di un popolo martoriato, e la presenza dei caratteri ebraici ivi raffigurati che chiariscono ancor di più il soggetto principale dell’opera.
Il tutto viene sdrammatizzato dalla presenza di qualche personaggio dei fumetti , un sicuro e caro ricordo di un infanzia felice in cui il tempo vissuto era ancor pieno di sogni e di progetti.
L’uso delle macchie di colore apparentemente disposte casualmente ne delineano invece il percorso che lo sguardo deve seguire e ne delimitano gli spazi che fuoriescono come in una terza dimensione.
I colori usati quasi tonalità a pastello ne addolciscono l’insieme fuorviandoti.
Nell’altro quadro ( NY) abbiamo il gioco dei rimandi e il gioco di spiazzamento che alberga nell’autore che cerca, in sordina e senza clamore, di distrarci dall’ovvietà vedi la scritta MOON su una forma quadrata, dei simboli appartenenti agli indiani d’America, l’identificazione della città di NY, il tutto a simboleggiare gli ultimi, i rimasti ,i reietti ,costretti a vivere nelle riserve rappresentate da quelle forme geometriche riconducibili al villaggio
E anche qui il fumetto per sdrammatizzare e distrarti da quel colore grondante in basso a destra che sembra evocare il genocidio perpetrato.
Il quadro raffigurante Eta Beta invece é di piú facile lettura ed é ascrivibile al personaggio del fumetto che puó estrarre dai pantaloni qualsiasi oggetto che gli necessita come il pozzo di San Patrizio a simboleggiare quindi il desiderio di poter disporre in ogni momento di ogni cosa ognuno possa desiderare e di poter soddisfare in ogni momento ogni bisogno.
in conclusione le tonalità di colore usato, i fumetti, i simboli sparsi, ne caratterizzano la sua originalità e unicità ma ben lungi da considerare la sua pittura rilassante, al contrario e i messaggi sparsi e lanciati nel mare dei colori attendono la nostra risacca interiore per farli emergere e portarli alla nostra conoscenza.
(Ivano Mercanzin)