Posted by on 21 maggio 2014

 
 
 

119,9 milioni di dollari 

Raccontai a Eta Beta cosa scrisse Munch del proprio dipinto del 1893 che intitolò “L’Urlo”, ma mentre parlavo lo vedevo pensieroso.

Proseguivo la mia spiegazione come un indottrinato dalla storia dell’arte, e lo guardavo e la sua espressione si faceva sempre più dubbiosa, finchè approfittandone di una mia pausa disse:

tu sei convinto di quello che dici, ma che diritto ha una persona a gettarti addosso i problemi del suo inconscio e far star male la gente? Perfino Duchamp, quando Breton lo invitò ad entrare nel gruppo surrealista, lui rispose di no, di non avere un inconscio e se anche l’avesse avuto, era muto.

No, io ho un’altra spiegazione, come sai la mia è un’ipotesi, ma io credo più sostenibile della tua.

Io sono venuto sulla terra nel 1947, molto più tardi del dipinto e si faceva un gran parlare dell’arte post bellica, che chiamavano informale, senza forma, infatti gli artisti facevano quadri senza capo né coda, che assomigliavano alle città che abitavano, bombardate, con i resti abbattuti delle case distrutte e i loro dipinti erano proprio come le macerie. Niente di più logico!

Così io penso che anche nel caso di Munch la questione non fosse personale, ma cosmica.

Lui dice che stava camminando con due amici vicino al ponte e ha udito questo grido disumano¸ se invece fosse stato un rombo di un motore di un oggetto che gli è apparso inaspettatamente davanti, spaventandolo a morte, sarebbe molto più credibile. Lui si ritrae sul ponte con la testa tra le mani, urlante, ma dei suoi amici non c’è traccia, segno che se la sono data a gambe dalla paura.

Sai perché ti dico questo Daniele? Perché quando io venni appunto nel ’47, che fatalità! È stato anche l’anno della tua nascita, era passato da poco il periodo in cui tantissimi aerei da guerra solcavano i cieli di tutto il mondo bombardando a terra sulle città, sopra le navi, e tra di loro facevano durissimi duelli aerei e tra tutte queste macchine, oggetti volanti non conosciuti ne approfittarono per infilarsi nella caotica situazione e prendere posizione in zone strategiche.

Questi oggetti che voi definiste, con il tempo, talvolta sigari solo perché assomigliano a quelle specie di matite di tabacco che mettete in bocca e che fanno fumo e anche dischi perché hanno forma dei piatti su cui mangiate i vostri strani cibi, furono da voi catalogati semplicemente come u.f.o.: Unidentified Flying Object. cioè oggetti non identificati.

Ecco cosa credo io abbia visto il nostro amico norvegese sul ponte quella sera, ha visto atterrare un disco volante, forse uno dei primi apparsi sulla terra.

Voi studiosi trovate sempre giustificazioni stravaganti per creare un interesse che giri attorno alla vostra persona e dia lustro al vostro lavoro, invece di leggere la realtà in modo più semplice.

Ad una biennale di Venezia che andai a visitare, anni fa, continuò, vidi una installazione di una giovane artista italiana di nome Piva, il suo lavoro mi entusiasmò: un caccia F.G.91 era appoggiato sulla carlinga e su un’ala, capovolto alle corderie dell’arsenale, in perfetto stato, ma quello che mi stupì, fu come era stato dipinto in modo mimetico con colori pastello, in una serie di gradazioni dal rosa all’azzurro, come una confezione che non appartenesse ad un oggetto aggressivo e violento, quanto un elegante regalo privato della sua funzione.

Perché mi chiesi, quando con la mia astronave me ne tornavo nello spazio dopo la gita a Venezia?

I giovani forse vedono la realtà in modo sereno, sciolti dalla drammaticità che hanno vissuto le persone della tua età, caro amico.

Io lo stavo ad ascoltare incredulo ma interessato. Poi Eta Beta continuò, abbiamo avuto contatti ravvicinati con artisti il secolo passato, e ultimamente con americani degli anni ’80.

Perché con artisti americani? Perché essendo un popolo giovane rispetto a voi europei, ha il modo di vedere più vicino ai giovani, e usa un’altra prospettiva.

Decisero di mandare me da un ventenne che abitava a New York e faceva molto parlare di sé, ebbi modo di visitare queste stupenda città e lui mi diede appuntamento in un locale che si chiamava Fanelli’s cafè tra Mercer e Prince st. nel quartiere di Soho.

Ci presentammo e conobbi il suo nome: Keith Haring mi disse e io Eta Beta.

Avemmo un’ interessante discussione e lui mi disse che avrebbe testimoniato volentieri la nostra presenza sulla terra e che lo stava già facendo ma a modo suo, attraverso le sue visioni.

Ma perché ti hanno mandato proprio da lui con tanto che è cambiata l’arte nell’arco di un secolo? Tu hai interpretato i suoi disegni secondo una cieca consuetudine, senza considerare altre ipotesi. Lui è passato attraverso voi e questo lo si vede chiaramente dai suoi graffiti, continuamente e non ve ne siete accorti perché la vostra analisi è sempre stata appunto convenzionale, come dicevi tu all’inizio: indottrinati, con i paraocchi come i cavalli in modo che non siano distratti dalla strada loro indicata.

Vuoi dire che Haring….? Me ne sono accorto mentre ci stavamo parlando, come dite voi, certa gente è 20 anni avanti e anche più, come poteva essere Munch.

Eta lanciando in aria due palline di naftalina che finirono discretamente nella sua bocca, continuò: gente come lui ha imparato ad essere libera, la gente normale invece ha paura della libertà…non te lo sei mai chiesto questo? Ti faccio un piccolo esempio ma non insignificante; prendi i turisti che si accalcano davanti alla Gioconda di Leonardo al Louvre, nella stessa stanza ci sono enormi capolavori di artisti italiani del rinascimento molto famosi ma la gente non li guarda, perchè non è libera. E’ una strana prigionia senza sbarre né chiavi, ma da cui è difficile evadere.

Quando Eta Beta finì il suo racconto, io non dissi niente, poi da europeo pensai e se Munch avesse visto molto molto lontano, oltre le due guerre mondiali, nel futuro della sua tranquilla Norvegia sconvolta dal massacro dell’isola di Utoya ?

 

Daniele Nalin è nato nel 1947. Dal 1968 al ’70 lavora come scenografo teatrale al Teatro Sao carlos di Lisbona con Alfredo Furiga. Dal ’70 al ’76 prosegue quest’attività nelle città di Milano e Verona. Dall’84 collabora con la Galleria “naviglio Modern Art” di Giorgio Cardazzo di Milano. Attualmente insegna pittura presso l’Accademia di Belle Arti “G.B.Cignaroli” di Verona.

 

 

 

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