Ci sono notti in cui chiudere gli occhi dovrebbe essere l’inizio
di un lento piovere dentro
piovere lento e poi a dirotto
Che la pioggia lava la mente.
Fotografie diurne appese intorno nella camera oscura. Lì in mezzo ci sono io. E questo lo sanno tutti. Tutti sanno che io vivo tra gli acidi e la carta o quel che resta di lei quando per caso la invade la luce.
Ho sempre pensato che c’era ancora qualcosa da fare.
Di non aver detto tutto.
Di avere conti in sospeso.
Scuse da fare.
Bozze di me da migliorare.
Le palpebre scendono come tende di scena. Le tengo chiuse con le mani per mettermi a pensare.
Voglio struccarmi,
voglio guardarmi da dentro,
da angoli diversi,
come cambiare posizione
come cambiare inquadratura.
Al centro del buio.
Proprio come adesso, vedo.
C`é un piccolo angolo sbeccato di una grande scatola di ceramica a fiori pacchiani, dipinti male.
Ed é tutto li quel che mi inchioda all’infelicita’.
Quel dannoso desiderio di voler essere un’altra, lì dentro quel coso mezzo rotto, abita lì quel testardo non voler essere me. Per questo la fotografia mi ha salvato. Per quel suo generoso concedermi di essere chi voglio, allontanandomi dall’anima per planare in quella degli altri.
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