Poi goccia a goccia misuro le ore.
Nel tutto buio , sotto il mio dolore,
più giù del buio della notte affondo.
Scena muta di sogno, ombra di mondo,
un niente di due tutti e di due vite,
piccola eternità, e ore infinite,
pienissima di me, viva di un cuore
che mi sgocciola via senza rumore,
in me ringorgo sotto il mio dolore.
Dolore della mente è il mio dolore…
per il mio mondo …e l’altro maggiore…
(Patrizia Valduga)
Intervista a Paola Mischiatti
Quando hai cominciato con la fotografia, cosa ti ha attratto
Ho iniziato 5 anni fa, casualmente avevo ripreso dal cassetto virtuale due foto apparentemente brutte, due foto mosse a distanza di tempo mi sembravano molto belle e ricche di significato, di corpo, di sostanza ed ho cercato di fare mio questo modo di fotografare. Fermo restando che non ho l’ esclusiva di nulla
Cosa ti aspetti dalla fotografia, cosa cerchi
Di certo non mi aspetto delle risposte…ma trovo che la fotografia sia un buon viatico per esprimermi , visto che non sono una gran oratrice.
Come definiresti il tuo stile
Mi definisco una Storyteller. Racconto storie e di certo non sono una fotografa, giusto per non offendere la categoria.La macchina fotografica è solo un mezzo che mi permette di immortalare il mio corpo.”Col corpo disegno” appunto.
Perché queste esposizioni lunghe
Sono attratta dalla quarta dimensione, il tempo. Uno scatto a tempi lunghi per me diventa un piccolo frame un racconto una storia.I tempi lunghi mi permettono di sovrappormi a paesaggi o cose.Per me la sfida sta proprio in questo: creare uno scenario con poco a disposizione ( io, due metri di parete e qualche oggetto preso qua e là per casa, nessun set)
Perché questi toni quasi monocromatici
Il mio primo amore è il bianco e nero.Lo trovo elegante mai banale e se vogliamo difficile da lavorare in fase di post
Ogni tanto tradisco questa mia preferenza stilistica e mi affaccio ai colori, giusto per fare un po’ di esercizio .
Perché sempre tu la protagonista
Per pigrizia e perché faccio fatica ad approcciarmi fotograficamente agli altri.Devo essere veramente coinvolta se devo mettere le mie emozioni in mano a qualcun altro e creare foto.
Il mio voler essere protagonista delle foto non vuole essere autocelebrazione ci mancherebbe, conosco i miei limiti fisici e di età.
Inizialmente i miei scatti mossi erano esigenze..quasi degli scleri del momento, per respirare, per voler urlare un malumore, un dispiacere ma anche gioia euforia. Tutto frenetico. Quindi non perdevo certo tempo a mettere in mano le mie emozioni a qualche modella o performer. Sarò pure gelosa dei miei sentimenti e non li ricreo in un secondo momento. Questo no!
Le mani sono spesso protagoniste delle tue immagini
..Le trovo sincere
Una foto in particolare contiene al suo interno un orologio e una panoramica dentale: qual è il loro significato
Affronto spesso tematiche di valenza sociale e questo mio concept con panoramica dentale ed orologio vuole essere la mia visione dello stalking ..una piaga non indifferente che colpisce tantissime donne. Un male che incombe col tempo e si insinua piano piano fino a degenerare con gli omicidi purtroppo.
Alcuni soggetti sono frequenti nelle tue immagini: petali,farfalle, fiori, fossili, lische, lenzuola quasi come sudari, in altre immagini appari come una moderna Ofelia, in altre il tuo corpo è avvolto da partiture musicali.
gioco con le immagini e semplicemente le sovrappongo al mio corpo, quasi a tatuarmelo ad abbellirlo.
Sono Immagini che a volte sembrano perdere la loro connotazione figurativa per sconfinare nell’astrattismo, permeando il tutto in un movimento di sovrapposizioni; si perdono i contorni chiari e ben delineati, quasi alla Francis Bacon, come una forma espressionista dell’arte dell’immagine, quasi come Egon Schiele, ma senza la violenza di tale movimento; il tutto appare velato come una pellicola, per non svelare, per mantenere e mantenersi in quell’aura di mistero e di intimità, come un sussurro dell’anima, un palpito del cuore, un impercettibile battito d’ali , il tempo che gocciola via, lo svolazzare di una partitura, il lieve suono della tromba di Chet Baker.
La donna,se stessa, il corpo, il movimento, l’introspezione, simboli che appaiono e scompaiono , messaggi lasciati in disparte, quasi tra le righe per essere accolti quasi casualmente, per lasciare all’immaginazione dell’osservatore individuare e completare ciò che in apparenza non appare in modo che la sintonia tra l’immagine e il proprio se stesso si completi nell’intimo del proprio osservare.