Immagini delicate,
Si muovono leggere,
Come passi di danza sulle punte,
Nel silenzio di una sonata immaginaria,
Per non fare rumore,
Nemmeno il calpestio sugli infissi della mente,
Solo il leggero svolazzare del tulle dell’immaginazione,
Solo il fruscio del corpo che accarezza l’aria.
La schiena illuminata dalla luce che ne disegna ogni forma,
Il giardino, natura ora invalicabile, immoto.
Lo specchio, segni di rossetto, scritture, codici arcani, segreti intimi e inconfessabili.
Abbraccio il cuscino, sento al tatto il tessuto, odoro il passato, ricordi del tempo, memorie.
Il profumo di gelsomino inonda la stanza e mi cattura i sensi.
Lo sguardo ora è assente, lontano ad esplorare altri mondi, altri spazi, altri tempi…un altro dove…
Scorro Facebook e mi imbatto in questo portfolio, leggo il nome dell’autrice, Fabrizia Milia: non la conosco.
Le pongo alcune domande, sul perché dei self, sul loro significato, su eventuali messaggi nascosti, etc..
Lei mi risponde semplicemente così:
“le mie foto non rappresentano me, fanno parte di qualcosa di inesistente di quasi totalmente inventato. Dico quasi perché di vero ci sono gli stati d’animo e quelli appartengono anche alla mia realtà. Ma le mie foto sono la proiezione esatta di come vorrei che il mondo fosse. Certo, molto limitato ovviamente. E’ che io ci vedo all’interno anche quello che non ci metto, per mancanza di spazio soprattutto”
Sono rimasto disarmato e incantato dalla sua risposta e ho rivisto l’inutilità delle mie domande.
Il tutto poi casualmente riconfermato da un suo post, quasi contestuale, anche se non direttamente collegato (almeno apparentemente).
“Sono così banale quando parlo di fotografia, ma soprattutto quando parlo della mia. E’ che in realtà io non ne so niente, è qualcosa che avviene senza milioni di storie dietro da raccontare. Per quelle uso le parole, con le immagini delizio soltanto gli occhi ( i miei, si intende ).
Ogni volta che mi si chiede: cosa rappresentano, cosa significano?
Mi viene da rispondere: esattamente quello che vedi. Quando lo vedi. E se lo osservi. Ma soprattutto se qualcosa c’è. Perché potrebbe anche non esserci e non è legge che ci sia.
Niente di più e se anche una fotografia avesse per me un significato profondo, più di altre, non credo di doverlo comunque spiegare.
Potrei definirli segreti di vita, volendo.
Per me tentare di raccontare il mio percorso fotografico significherebbe raccontare me stessa intimamente”