Posted by on 9 novembre 2016

 
 
 

Un foto racconto, una storia illustrata.

Dirty Blvd.
DIRTY BOULEVARD. Una passeggiata?
—————————————————————
TESTO: ©Franco Gobbetti.
FOTO: ©Ivano Mercanzin – Progetto NYC
http://www.ivanomercanzin.it/new_york-g

Sporco mondo, sporco tempo, sporca città. Un giorno d’autunno come tanti altri. Un giorno noiosamente rassicurante nella sua assenza d’ogni altra nuova vitalità che non sia la solita condizione. Uno sporco viale da percorrere. Ieri da passeggiare, oggi solo da transitare senza troppo badare o guardarsi intorno. Passo camminato, svogliato, cadenzato e ritmato all’auricolare con chitarra sintetica guizzante. Musica elettrica, nervosa, quasi incazzata, sul punto d’incattivirsi di più, ma ancora non del tutto cattiva, con qualche sonorità che rimane salvifica e speranzosa di un sogno e di un riscatto. Una sporca via. Sporca come tante altre, come un po’ tutto del resto in questo luogo. Una sporca strada macchiata d’oscura vita, di buio tempo, di grevi illusioni, di crude delusioni, d’aria pesante.

Transitano silenziosi passanti, sfumature di corpi in movimento, scure figure, sagome neutre, emblemi d’umanità, portatori di vita e moltitudine sola. Stress, tensione, ipertensione. Sporcizia umana e urbana, noia, solitudine e depressione. Tristezza e bellezza del progresso nel teatro contemporaneo. Degrado ambientale ed esistenziale. Le persone si fondono e si confondono con l’ambiente. Aleggia fretta, frettolosità, impazienza. C’è un’aria generica d’insofferenza, indifferenza, estraneità. Pur essendo ineffabilmente soli, non ci si trova mai veramente in quella che si potrebbe classificare, almeno per una volta, come efficace e buona solitudine, c’è sempre rumore animato, traffico e movimento. Passi veloci, nervosi, scuri cappotti, volti e occhi distratti, tutti intenti a seguire loro direzioni, percorsi a perdere nella prospettiva del boulevard.

Foglie morte, alberi urbani umidi e nudi in vesti di nere cortecce. Cartacce, mozziconi, cartocci di vecchi giornali stracciati, merde di cane e altre scorie vagano a terra senza alcuna possibilità di altro riscatto. Polvere nera e rottami. Scarti e rifiuti della metropoli rotolano al suolo tra anse d’asfalti e cemento. Vita sporca, respiro inquinato, desolati marciapiedi, lampioni e muri. Tanti muri, troppi. Troppi e brutti, sempre più brutti, sempre peggio. La gente non sembra farci caso, forse è per abitudine. Grigiume imperante e crescente voglia di fuga in un sogno che non smette mai di voler volare. Decadenza degli affetti e dei rapporti umani. I passanti sembrano le pedine di una scacchiera in movimento che sfuoca corpi dileguandosi e dileguandoli intorno. Un palcoscenico degno degli sciatti progetti disegnati da ancor più sciatti architetti e dei loro desolati ambienti a cinica scenografia. Territori crudi, astratti, distratti, assenti, a saturare sempre più esigui, rimanenti ritagli di salvifico cielo. Ma c’è sempre speranza e possibilità di fuggire. Sì, ma fuggire dove?

Cresce una sorda malinconia assieme a una muta tristezza che umilia l’umore come in un sorriso che piange nell’arpeggio medianico di un’alienante chitarra suonata per strada da chissà chi. La musica è stranamente piacevole, sembra un miraggio metropolitano. La forma del suono quasi anticipa, percorre ed invoca aria nuova nei tracciati, nelle rotte, nelle traiettorie degradate, nelle esauste vie del contemporaneo. Si animano alternative visioni, altre immagini e scenari, veri o onirici che siano o possano essere. Evocazioni e figure di territori reali o fantasiosi già morti o in agonia che si rivitalizzano muovendosi come i passi di chi sa dove andare ma che forse non vi vuole arrivare o tornare. Perché mai ritornare o arrivare? Tornare dove, arrivare dove?

Passi che vorrebbero sciogliersi, perdersi, essere altrove, confusi magari “tra un ennesimo nulla e un ulteriore addio”. Inquietudine o rassegnazione? Anche qui nel boulevard s’affaccia voglia di fuga o solo di sottrazione, perchè i perimetri talvolta si fanno troppo chiusi, costrittori fino a soffocare.

Si perde la voglia di passeggiare, si perde la voglia di camminare, si perde la voglia di restare. Meglio fuggire. Una fuga verso un altro niente che, essendoci è già qui e che, non essendo, non serve.
Dirty Boulevard.

Franco Gobbetti © 5 novembre 2016.

 

l1008164

l1008499

l1008597

l1008603

l1008631

l1008827

l1008874-2

l1008907

l1009318

l1009399

l1009412

l1009420

l1009457

l1009493

l1009549

l1009745

l1009785

l1009802

l1009808

l1009809

l1009823

l1100137

l1100163