Posted by on 2 agosto 2016

 
 
 

 di Rossana Ottofaro

Gursky, tedesco classe 1955, è noto per essere il fotografo più pagato al mondo. Nel 2011 la celebre casa d’asta Christie’s ha venduto una sua fotografia per 4,3 milioni di dollari. Nel 2007 ne ha venduta un’altra a 3,4 milioni di dollari e nel 1998 un’altra ancora a 2,9 milioni. L’aspetto singolare è che gli scatti facevano parte di una vendita d’arte contemporanea e non di fotografia. Durante l’asta vennero paragonati ad opere di artisti del calibro di Jackson Pollock, Sol LeWitt, Donald Judd e Andy Warhol in virtù del fatto che Gursky, come loro, esamina il paesaggio contemporaneo post moderno e post capitalista. Ciò che risalta è che sino ad allora la fotografia non veniva considerata una forma d’arte, per tutto il ‘900 si era ritenuto che fosse solo una riproduzione dell’apparenza delle cose e in quanto tale priva di personalità. Oggi invece la fotografia ha raggiunto il suo “status artistico” accrescendo il proprio valore culturale, storico e, non ultimo, economico. Gursky è forse il maggior rappresentante di questa nuova corrente di pensiero. Le sue fotografie sono delle forme di “ibrido” tra arti e vengono usate dal fotografo come materiale da modellare digitalmente tramite computer, ovvero come risorsa visiva alla quale attingere per elaborare un’immagine artistica finale.

Tale immagine supera la rappresentazione della realtà, Gursky chiama tale processo “realismo assistito”. Il fine non è quello di creare delle finzioni, ma di accrescere e ampliare l’immagine di quello che esiste già per dargli nuove connotazioni.

Le sue foto ritraggono spesso i luoghi del mondo globalizzato, del capitalismo, della natura antropizzata, i luoghi del consumismo dove le persone si assemblano quali concerti rock, piste da sci, spiagge, lobby d’ufficio e borse. Circuiti di formula 1 ritratti con curve enfatizzate, fermate al boxenstopp manipolate dalle tecniche di post produzione digitale che hanno permesso di comporre in un’unica foto diversi scatti realizzati in differenti gran premi. Mappe satellitari ad alta risoluzione che in realtà non esistono in quanto sono la fusione di più mappe. E ancora parti di edifici i cui elementi strutturali si ripetono all’infinito, quasi a creare una texture seriale. Ed è la stessa texture che ritroviamo nelle foto delle folle, o negli scaffali di un supermercato o di una biblioteca. La trama è sempre la stessa, simbolo della ripetitività del quotidiano in cui a volte si mostra l’uomo, esile presenza sprofondata in un universo da lui creato ma che più non gli appartiene. Il fotografo guarda il mondo in modo distaccato, impassibile, come se volesse togliere personalità e scala ai soggetti ritratti. Gursky ritrae la perdita di individualità dell’uomo nella società e nel contempo tenta di rinvenire una relazione tra l’uomo e lo spazio che lo circonda. Lo spazio per il fotografo è importante perché rappresenta un intero costituito da unità più piccole. Questo stato di aggregazione è onnipresente nell’opera di Gursky. Se guardiamo una qualsiasi sua fotografia con una lente di ingrandimento, noteremo che ogni particolare che compone la foto è ritratto in modo iper dettagliato. Le foto sono delle visioni in cui il macrocosmo si unisce con il microcosmo. Così facendo Gursky coglie la globalità pur mantenendo le immagini degli individui di cui è composto.

Per esempio in Paris Montparnasse si può ammirare un monumentale paesaggio urbano e al contempo, rivolgendo lo sguardo attraverso ciò che visibile attraverso le singole finestre, scoprire le singolarità dell’universo umano che lo compone.

L’altra caretteristica di Gursky è la dedizione ai grandi formati. “Rheno”, la foto più costosa al mondo, misura 190 cm per 360 cm; “99 cent”, altra foto milionaria che ritrae le corsie di un supermercato dai brillanti colori, misura 207 per 337 cm.

La visione dal vivo delle sue foto smisurate crea nello spettatore un senso di meraviglia, stupore e diventa un’esperienza estetica unica. Il critico Peter Schjeldahe del “The New Yorker” ha definito le immagini di Gursky “splashy” ovvero grandi, divertenti e incredibili. A mio parere, davanti alla visione di opere d’arte come il ritratto del Grand Hyatt Hotel possiamo parlare anche di immagini sublimi, dove per sublime si intende una perdita di sensi. L’estetica del sublime fu elaborata nell’antichità classica e successivamente nel Romanticismo. Ed effettivamente vi è una relazione tra i grandi ritratti panoramici del romanticismo tedesco che largo uso fecero del sublime, con i ritratti panoramici di Gursky. Entrambi possiedo la maestosità della pittura di paesaggio.

Rheno, la famosa foto più cara al mondo, immagine scattata sulle rive del fiume e modificata digitalmente con la cancellazione degli edifici sulla sponda, diviene un paesaggio sublime, idealizzato, emblema dell’ambiente acquatico fluviale. Gursky scatta la foto nel 1999, la digitalizza solo anni dopo, togliendo gli elementi che considerava essere di disturbo perché secondo lui l’occhio dell’uomo tende alla semplificazione. Se non vi è chiarezza d’immagine il mondo non può essere riconosciuto e percepito dall’uomo.

I soggetti ritratti sono semplici, essenziali, talvolta mediocri e appartengono alla quotidianità, così come anche la fotografia di Gursky è formalmente semplice, chiara, non fa uso di prospettive distorcenti. Il fotografo si è formato presso la scuola di Dusseldorf, fondata dai coniugi Becher nel 1976 nel tentativo di promuovere la foto documentarista e obiettiva come unico mezzo per catturare la realtà nella sua forma più vera e non distorta. Si voleva liberare la fotografia dal suo carattere espressionista per ridarle sobrietà. Nel caso di Gursky però il controllo dell’oggettività come verità, lo ha portato alla messa in scena di una realtà idealizzata nella quale è riuscito a creare una nuova estetica della fotografia. La grandezza di Gursky sta nel riuscire a scorgere la bellezza nei luoghi più banali e combinare la mediocrità dei soggetti ritratti con la monumentalità delle sue visioni.

 

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C-Print, 306 x 221,5 x 6,2 cm (gerahmt) © Andreas Gursky / VG Bild-Kunst, Bonn 2012 Courtesy Sprüth Magers Berlin London Laufzeit der Ausstellung "Andreas Gursky" 23.09.2012-13.01.2013

This 1999 photograph provided by Chrisitie's shows the Rhine river by German artist Andreas Gursky. Titled "Rhein II," the chromogenic color print face-mounted to acrylic glass was sold for $4.3 million Tuesday, Nov. 8, 2011, at Christie's in New York City, setting a record for any photograph sold at auction. (AP Photo/Christie's, Andreas Gursky)

boxenstopp Chicago Board of trade 1997 White Cube, Andreas Gursky, Cocoon II, 2008, Edition

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