Vengo sempre qui, in riva a questo mare. A qualunque punto della mia vita io mi ritrovi, è sempre questo ciò che mi guarisce. Perché a dispetto di tutto, del bello e del brutto che se ne vanno, il mare è qui, ogni volta che ritorno.
Guardo lontano e inspiro, e lascio che il mio sguardo sorvoli leggero sopra tutto l’azzurro sconfinato; i miei pensieri d’improvviso si fanno larghi, prendono vie che non conosco e mutano dimensione. Posso finalmente iniziare a esplorarmi, vagare per le stanze della mia mente e aprire le loro finestre, far entrare una luce differente e rimanere adeso alla mia essenza.
Osservo il moto delle piccole, impercettibili onde, che vanno e tornano con un ritmo ipnotico, incuranti di ciò che nel mondo viaggia in modo scostante, spezzato, interrotto. E’ proprio la loro sottile ostinazione a darmi forza nuova e, prima ancora dell’arrivo dell’acqua che bagna i miei piedi, è la musica di quelle onde a rassicurarmi. Se chiudo gli occhi e mi lascio penetrare, mi pare che tutto, dentro di me, si lasci andare. Niente più spigoli, niente più complicazioni, le ammaccature si attenuano. Solo un pensiero, rotondo come l’acqua che piano piano sale, che con grazia si avventura fin negli angoli più remoti dell’anima e ne disegna contorni nuovi, rimodellandola.
Ci sono dei buchi, al mio interno. Non so bene dove, ma io li sento. Quando sono qui, è come se qualcosa li riempisse; non sono più trapassato da una parte all’altra, senza un equilibrio. Niente più spifferi, niente più perdite. Come se l’anima si mettesse al sicuro.
E’ facile per me venire qui, e stare bene. Fissare l’azzurro e farmi contaminare dalla sua luce. Ascoltare il suono delle onde e placare il mio spirito. Ogni volta, è come sedermi sul bordo della mia anima, e guardarla diventare più bella.
Oggi, volevo che la vedessi anche tu, papà.