Ieri ci hanno insegnato a preparare la zuppa dell’ Inca.
Oggi ci permettono di entrare nella loro quotidianità.
A TAVOLA SULL’ISOLA CHE C’E’
Nel grande abbaglio del più vasto deserto salato del mondo, ad un certo punto appare – come sospesa in uno spazio incerto tra il cielo e il Salar – un’isola. Non è un miraggio: Incahuasi, la casa dell’inca, esiste; è l’isola che c’è… Un’oasi nell’arsura battuta dai venti, gelosamente vigilata dai cactus giganti che la punteggiano. E nell’oasi cosa cercano tutti i pellegrini? Ristoro ed ombra. Se le due cose si coniugano poi sotto il tetto di Joaquim, il “cocinero” dal volto indio e dalle mani veloci, la zuppa di quinua o una fetta di lama ben cotto alla piastra, accompagnato da riso e quinua con le immancabili “papas fritas” (un bravo a chi indovina cosa sono), possono anche trasformarsi, esagerando, in una sorta di “ultima coca cola nel deserto”. Da degustare senza fretta, seduti all’ombra. E persi nell’infinito miraggio del Salar.