Posted by on 27 novembre 2014

 
 
 

 

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Terra di spazi infiniti e variegati – dalla selva alla costa, dal deserto alla sierra – il Perù è un paese dal glorioso passato che ha impressionato i cronisti ai tempi della conquista e che ha continuato ad affascinare i viaggiatori di ogni epoca e provenienza geografica con l’eredità culturale lasciata dal poderoso impero degli inca. Ancora oggi il riflesso di questo passato si riflette nella magia di un presente meticcio che emerge come una trama in controluce dietro le facciate barocche consunte dal sole dei suoi centri abitati. E normalmente questo è quel che cerca il turista. Ma ci sono anche altre realtà, più sommerse e remote, che il visitatore non raggiunge se non per caso. Noi di 7milamiglia siamo entrati in una di queste realtà. Ed è questa la realtà che vi racconterò.

Percorriamo la Panamericana in direzione Arequipa. A destra il Pacifico, a sinistra le morbide dune di sabbia del deserto peruviano. La decisione è presto presa. Prima di iniziare la ruta andina e andare incontro al freddo accamperemo in riva al mare. Poco prima dello svincolo per Arequipa imbocchiamo la strada per Lomas, l’ultimo punto segnato sulla mappa. Entriamo nel pueblo e dopo qualche centinaio di metri ci ritroviamo all’ingresso del porto. Un sogno comune che si realizza. Lomas è il villaggio di pescatori che speravamo di incontrare da quando percorriamo la Panamericana. Sono le sette di sera e il porto è in fermento. Dalle barche vengono scaricate casse contenenti calamari di dimensioni inaudite. “Esta es pota” mi bisbiglia una voce da dietro. Mi giro incuriosita e mi trovo davanti un ragazzino in pantaloncini corti e stivaloni di gomma. Avrà si e no quindici anni ma ha l’aria già vissuta. Una sigaretta in bocca e un’altra dietro l’orecchio. Tira una boccata e riprende a parlare. “Siamo in temporada e la pota rende tantissimo ora.” E così scopro che Fernando, come ha detto di chiamarsi, pesca la pota – un calamaro che può arrivare a pesare fino a trenta chili – dall’età di undici anni. Ora ne ha diciotto ed è visibilmente orgoglioso di contribuire al sostentamento della sua famiglia. Gli chiedo quanto guadagna e mi risponde che in questa stagione le barche escono per tre o quattro giorni e rientrano stracolme di pota. Lui esce con Sandrino e altri due pescatori e caricano circa otto tonnellate di pesce che rivendono poi alla grande distribuzione per 90 centesimi al chilo. Resto basita quando afferro che i 90 centesimi non si riferiscono al dollaro ma al sol, la valuta peruviana, pari a 30 centesimi di dollaro. Lui è contento. Quando la pesca va bene porta a casa, puliti, tra i 1000 e i 1200 soles per tre, quattro giorni di lavoro. All’incirca 400 dollari. Alle prese con le mie elucubrazioni mentali, lo seguo fino alla barca di Sandrino. Si stanno preparando a scaricare ma quando mi vedono arrivare scendono tutti a darmi il benvenuto. Nel frattempo le mie elucubrazioni si sono tradotte in una domanda che li investe tutti come un uragano. Insomma, non voglio fare i conti in tasca a nessuno ma considerato che tra una pesca e l’altra si fermano non più di un paio di giorni e che il costo della vita in Perù è davvero irrisorio… ognuno di loro porta a casa 2400 dollari puliti in temporada! Peccato che c’è sempre il rovescio della medaglia e che la temporada dura, se ho ben capito, non più di tre o quattro mesi l’anno. Nei mesi restanti Lomas, con un’economia basata esclusivamente sulla pesca che rifornisce non solo l’intero Perù ma anche l’estero, vive di debiti da risarcire nel corso della temporada successiva. Mi soffermo sul volto di uno dei pescatori, sulla sua pelle segnata dal sole e dal vento, sui solchi che gli attraversano la fronte e le guance. Ha l’aria stanca ma lo sguardo audace e combattivo. C’è una vita in quello sguardo, una vita da raccontare. È la vita di tanti, come lui, ritratta da Hemingway nella sua opera maestra. Li lascio lavorare e mi dirigo verso l’uscita scortata da Fernando. È giovane e ha un’energia esuberante. So che non dovrei trattenerlo ma la mia curiosità è inappagabile. Davanti a noi decine di uomini, donne e bambini senza età che lavorano come se fossero a una catena di montaggio: scaricano, lavano e puliscono enormi casse di pota dalle 5 della mattina alle 10 di sera, quando va bene. Un lavoro duro, retribuito mediamente tra i 60 e i 90 soles al giorno. Questa volta il boccone è troppo difficile da deglutire e mi congedo da Fernando con una pacca sulla spalla. Mi allontano con un altro pezzo di vita da aggiungere al puzzle di un viaggio che non intende restare ai margini ma che vuole entrare dentro. Anche se spesso entrare dentro è una bella doccia fredda…

Diana

web: 7milamiglialontano.com

web: 7milamiglialontano.org

 

 

 

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