Posted by on 21 novembre 2014

 
 
 

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Non c’è paese al mondo senza mercato, non c’è mercato al mondo che non venga fotografato e raccontato.

Otavalo ci accoglie di sera, un paio d’ore dopo aver attraversato la frontiera tra Colombia ed Ecuador. Prima tappa nel paese dettata non solo dalla stanchezza ma anche, e soprattutto, dal desiderio di visitare uno dei più celebri mercati andini di tutta l’America latina.

Quello degli Otavalos, l’etnia amerindia che ha saputo imporsi,grazie al suo lavoro e al senso del commercio, sull’infame destino che ha causato la sottomissione, quando non addirittura la brutale scomparsa, delle popolazioni autoctone americane.

È ora di cena e ci riversiamo affamati sulla piazza centrale del paese in cerca di cibo. Il lato antistante la cattedrale pullula di bancarelle che vendono street-food, con una netta prevalenza di carne guisada (in umido), spiedini alla brace, pollo e le migliori patate che abbia mangiato da tempi immemorabili. Croccanti all’esterno e morbidissime all’interno, diventeranno la costante del nostro breve soggiorno in Ecuador. L’aria è frizzante e ci invita a provare le bevande calde e fumanti del baracchino all’angolo:morocho, latte d’avena e aloe. Siamo qui per sperimentare esperimentiamo tutto… ma la consistenza dell’aloe inibisce ogni mio ulteriore ardire per la serata. E poi domani è giorno di mercato…

All’alba gli Otavalos, noti al mondo intero per i loro tessuti – in particolare per l’ottima qualità, a prezzo contenuto, del cachemire -stanno già allestendo la piazza per il mercato dell’artigianato. Li osservo in azione, nei loro vestiti tradizionali, mentre sorseggio il mio caffè: le donne dalle collane di corallo rosso e gli uomini dalla lunga treccia che scivola lungo il poncho blu. Tutti, indistintamente, indossano sandali di fibra intrecciata. Li trovo bellissimi nonostante non rispondano ai canoni occidentali di bellezza. Resterei ore a osservare i loro tratti e ad ascoltare il suono della loro lingua, il kichwa, così lontano dallo spagnolo che si è imposto come lingua ufficiale con i conquistadores. Ma non ho il tempo di perdermi nelle mie elucubrazioni. C’è un altro mercato che mi aspetta. Quello gastronomico.È un’esplosione di colori quella che mi investe non appena mi addentro tra le bancarelle all’aperto di frutta e verdura.

Chili e chilidi vitamine e un’incredibile varietà di forme e di toni cromatici mi accompagnano all’ingresso del mercato. Con un jugo combinado in mano mi perdo per i corridoi del reparto macelleria.

L’odore è forte, penetrante, quasi nauseabondo. Proseguo attraverso sacchi di legumi e frutta secca e finalmente sfocio nel reparto ristorazione. Il profumo di carne alla brace mi solletica l’olfatto e decido di seguirlo trascurando quel che bolle nei pentoloni che si susseguono alla mia destra e alla mia sinistra. Giro l’angolo e mi ritrovo davanti un porcello intero asado con accanto una donna che mi porge un pezzo di carne terribilmente invitante… e io, che non ho mai assaggiato la porchetta perché mi disturba la sola idea del maiale, non ho resistito alla tentazione! E conversione fu.

Diana

web: 7milamiglialontano.com

web: 7milamiglialontano.org

 

 

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