7MML, pian piano, sta raccogliendo un bagaglio di notizie e informazioni sullo street food internazionale,che farà invidia a molti.
Dopo undici giorni di viaggio mi ritrovo a tirare le somme sulla comida tradizionale colombiana.
Probabilmente qualcuno si chiederà com’è possibile documentare, in soli undici giorni, le abitudini alimentari di un popolo. E in molti casi la domanda è più che lecita. Ma dopo ventidue pasti, moltiplicati per sei persone, a base di sopa e bandeja – un piatto composto da riso, insalata, fagioli, platano maduro, uovo all’occhio di bue (opzionale) e, a scelta, carne di res (carne di vacca, con la consistenza della suola di una scarpa), cerdo (maiale), pollo o chicharrón (cotenna fritta del maiale) – credo di potermi arrogare il diritto di definire la comida colombiana con un aggettivo. Monotematica!
Negli undici giorni che abbiamo impiegato per attraversare la Colombia – da nord a sud, da Cartagena a Ipiales – ci sono state unicamente tre variazioni sul tema.
La prima a Guatapé, nel dipartimento di Antioquia, dove ho provato una pietanza chiamata Fiambre: la solita bandeja addobbata per la festa. Riso, pure di patate, chicharrón, chorizo (di maiale), molida (carne trita di vacca), uovo e maduro, mischiati insieme, racchiusi e serviti all’interno di una foglia di banano. È proprio vero, anche l’occhio vuole la sua parte. L’ho trovata deliziosa.
La seconda piacevole scoperta l’ho fatta a Salento, nel dipartimento del Quindio, dove il piatto tipico è la trota che viene servita su un enorme patacón (platano frito). E per uscire dalla monotonia, c’è chi ha replicato sia a pranzo che a cena.
La terza novità è giunta inaspettata in prossimità della frontiera con l’Ecuador, dove la costoletta di maiale viene dapprima affumicata e poi fritta. Strepitosa!
Uno spaccato delle abitudini alimentari di un popolo ricco di risorse (i mercati pullulano di verdura e frutta) che non conosce il significato del detto “mens sana in corpore sana”.