Posted by on 17 marzo 2015

 
 
 

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di Luciano Perbellini

Un delle mie “paure” iniziali di questo viaggio era quella di ritrovarmi sempre a fotografare in stile “turista di gruppo”. Siamo in sei e ci spostiamo sempre tutti assieme, quindi la paura era più che fondata…. Invece, spesso mi ritrovo da solo a girare questa terra surreale e la cosa mi diverte un casino!

Sto parlando della Namibia, che fino a poco tempo fa, la associavo solo al deserto rosso… Invece oggi, l’unico aggettivo che mi viene alla mente per descriverla è appunto: surreale.

Per carità, il deserto rosso esiste, ed ha un fascino avvolgente, visto poi alle prime luci dell’alba è davvero uno spettacolo indimenticabile. Le foto le vedrete a breve sulla pagina ufficiale di 7MML, ma adesso, invece, le foto che voglio mostrarvi, e che non verranno utilizzate da 7MML, sono quelle di una piccola “cittadina”, “villaggio” o meglio ancora: agglomerato di 95 case costruite “abusivamente” fronte oceano.
Il nome impronunciabile di questo insediamento è: Wlotzkasbaken. Non vi faccio la storia, Wikipedia è decisamente più esaustivo di come potrei copiare io le informazioni anche se W parla di 110 case, la signora Irmi invece (residente dal 1973) ha detto essercene 95.

Quello che mi ha colpito in modo forte è l’architettura del posto. Come se ci fosse stata una gara di costruzioni a badget limitato. Potrei quasi paragonarla ad una township evoluta fatta da fricchettoni bianchi anni 60. Chiaro è che non è nulla di tutto questo, ma l’estetica che rimanda è decisamente quella.

Non ci sono muri in questo villaggio, non ci sono recinti, non ci sono le condutture idriche, nè tanto meno rete elettrica… Del gas, poi, non ne parliamo neanche! Non c’è nulla!! Solo case costruite con pochissimo, e molte ricavate dall’unione creativa di alcuni container. Poi una gara all’abbellimento sfrenata, fatta di colori sgargianti e di “sculture” fatte da tronchi gentilmente offerti dall’oceano. Un water poi posizionato su di una collinetta di materiale di scarto, troneggia come un monumento ai caduti di qualsiasi piazza italiana…

In questo camminare, con un continuo guardarmi attonito intorno, incontro Irmi con la sua amica; mi avvicino ed esordisco con la mia solita frase: “sorry I don’t speck english……”, ma la voglia di capire era davvero tanta e loro, come sempre succede in africa, non si spaventano del fatto che non parli una ceppola di lingua e si prodigano per farmi capire chi sono e sopratutto che cos’è quel posto. Qualcosa sono riuscito a tradurre, molto sono riuscito ad intendere ma sopratutto su di una cosa sono certo: quel posto lo adorano! …Ed io con loro

Poi ho visto una famiglia con due bambini spostarsi su di un furgoncino e poi un’altro uomo con un cane… Poi basta! Nessun altro che potesse dare un minimo cenno di vita in quel posto. Le piste nella sabbia (le vie) erano enormi e vuote, le distanze tra le case anche, tutto come su una scacchiera di dama vuota… Ma Ingrid mi dice che a Dicembre e a Gennaio l’insediamento è stracolmo e tutti i proprietari arrivano a fare le vacanze. Solo in pochi ci vivono per tutto l’anno e quei pochi sanno decisamente vivere di energia e di quel qualcosa d’altro, che in molti non capiscono e forse non sanno nemmeno che esista…
Però il loro entusiasmo, la loro cortesia e l’amore con cui sono state costruite le “case”, hanno davvero dato vita a quel insediamento surreale….

Altre immagini le potete vedere sulla pagina di Giuliano Radici Photographer, ma sopratutto potete vedere due modi molto diversi d’interpretare lo stesso luogo Emoticon wink

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LUCIANO PERBELLINI

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GIULIANO RADICI

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GIULIANO RADICI