Sulla via per la Skeleton Coast, ecco il rumore. Sembrava confuso, ma ora è reale. Un rumore strano, dal motore del SUV. Davanti, duecento chilometri di mare e deserto. Strada piatta, salata, senza un’anima, in un paesaggio chiaro che porta nel nulla. Skeleton Coast, la chiamano, la costa degli scheletri. Per i relitti di navi che stanno nel mare, per i naufraghi che, felici d’esser salvi, sulla costa, non sapevano d’essere in un deserto di morte.
Noi sì, lo sappiamo. Per questo voltiamo di nuovo la prua verso sud, a Swakopmund, in cerca d’un porto sicuro in cui dare cure alla nostra compagna di viaggio.
Prima di naufragare.
Dopo i tentativi di meccanici improvvisati lungo la strada, in officine grasse d’oli e d’attrezzi sbeccati, finalmente arriviamo a Windhoek, la capitale namibiana, sede principale di Great Wall Namibia.
Lì, la nostra cara compagna di viaggio riceve le cure dovute, in un ambiente consono alla sua statura…
La sostituzione dell’alternatore!
I meccanici autorizzati, dopo qualche ora di lavoro, ci restituiscono, sorpresi, il vecchio pezzo consunto e incrostato.
“Conservatelo! A ricordo della lunga strada percorsa,” scherzano.
Ma noi sappiamo che non è proprio uno scherzo. Sappiamo dei chilometri macinati su piste d’ogni tipo e d’ogni continente. E soprattutto sappiamo d’aver viaggiato per giorni sui salares boliviani, di certo colpevoli della maggior parte del danno.
Ora il motore è di nuovo in forma. E in forma siamo noi, con il morale alto e la consueta voglia di riprendere la nostra risalita del continente.
Buona strada, Team 6 Africa!