POLVERE DI STELLE A TUPUNGATO
Tupungato nella lingua degli Hoarpes, che popolavano la valle di Uco prima dell’arrivo dei conquistadores, significa “belvedere delle stelle”. Il nitore della sua volta celeste notturna ai piedi delle Ande, conferma che gli indios ci avevano visto bene. Oggi questo territorio della provincia di Mendoza, che si adagia in senso longitudinale sotto la Cordillera fermandosi attorno ai mille metri di altitudine, è uno dei terroir più ambiti della viticoltura argentina. Luogo vocato al vino ma anche a tutta la cultura del buon vivere che il nettare dell’uva ovunque porta con sé in termini di amore alla terra e di cordialità. La zona negli ultimi anni ha conosciuto un boom enologico senza precedenti, richiamando argentini e stranieri.
Era scontato che per attrazione spontanea sei “esuli”, nostalgici della Franciacorta e della Valpolicella, dovessero incrociare il loro itinerario con Tupungato. Complice il progetto di un imprenditore veronese, Sandro Boscaini, che nella tenuta La Arboleda sta tentando un originale incrocio tra i vitigni autoctoni portati dagli emigranti italiani a fine Ottocento, e quelli della sua Valpolicella, introducendo anche qui il metodo dell’appassimento dell’uva nella vinificazione. L’ambizione, non è un segreto, è di riuscire a fare un’Amarone del Nuovo Mondo… Non a caso sui pennoni all’ingresso della tenuta sventola con le bandiere argentina e italiana, anche il vessillo veneto di San Marco.
Ad aprirci le porte della Masi Tupungato e dei tanti “segreti” dei vini prodotti sui declivi esposti al tramonto della valle di Uco, è la cordialità di Anabel Contino, ascendenze paterne siculo-normanne e calore argentino. Il vino si apprezza in compagnia, e Anabel, che si occupa del neonato progetto turismo della “bodega”, lo sa e al termine della giornata di “esplorazione” tra filari di uva in via di maturazione, “arelle” di canne pronte ad accogliere i grappoli dopo la vendemmia e botti che custodiscono amorevolmente i vini prodotti, accanto ad una collina che ospita un giardino botanico con le speci autoctone, ci confida: “Il sogno è di unire la forza di spirito del vino argentino con l’eleganza di quello italiano”.
Tupungato ci sorprende anche con incontri inaspettati. C’è un giovane bresciano, anzi camuno, Maurizio Corbelli, ad occuparsi da tre anni a questa parte della parte enotecnica. “La situazione in Italia per il lavoro è quella che è, quando alla Masi mi hanno fatto questa proposta ho accettato in 24 ore: conoscere altre culture enologiche e poter realizzare sul campo la propria è importante”, ci spiega ripromettendosi di continuare sulla stessa strada anche in futuro. Insieme a lui lavora, come responsabile delle vigne, il 33enne ingegnere agronomo mendozino, Andres Abdalla. Il suo albero genealogico è un’Argentina su scala familiare: il bisnonno, libanese conobbe la bisnonna italiana sulla nave che nel 1920 stava portando entrambi nel paese dei gauchos. Andres è taciturno ma quando parla delle vigne che gli sono affidate, le parole fluiscono senza fatica: “Io in università sono stato formato a curare i vigneti con il metodi tradizionali, ma qui invece abbiamo scelto metodi bio, green, per la coltivazione dell’uva ed è un’esperienza innovativa che mi piace… Così come mi stimola in generale la sfida di una gestione efficiente del sistema di irrigazione, perché da noi, a Mendoza, il problema principale è quello dell’acqua, che è scarsa”.
Un’altra bella sorpresa ce la riserva infine l’incontro con Pablo Cerutti, antenati toscani e un passato di economista “pentito”, che ha lasciato la professione e la sua Buenos Aires insieme alla famiglia per aprire un agriturismo a Tupungato. Con un amico architetto, anch’egli trasfuga della capitale, ha avviato un piccolo ma accogliente ristorantino ed ha allestito due stanze senza pretese a disposizione di chi vuole sottrarsi per qualche giorno allo stress della vita moderna. E hanno chiamato il tutto Tupungato divino.Con gli ospiti condivide distese e mai banali conversazioni, condite da arguzia non si sa se più toscana o bonaerense. “Alla nostra tavola la cosa fondamentale del mangiare è farlo con grazia”, ci dice offrendoci un piccolo dessert di frutta locale con un assaggio non invasivo di gelato, dopo una bella bistecca argentina cotta alla griglia senza esagerare. “Qui non saremo in paradiso, ma mi piace pensare che sto lavorando per avere uno sconto di purgatorio per tutte le mie colpe di economista“. Sì, e le stelle di Tupungato stanno a guardare dall’alto del cielo andino… Magari con un po’ di invidia.
Gabriele