“Un progetto che nasce dalla voglia di documentare, testimoniare… quasi urlare che vi sono uomini all’ombra dei riflettori che fanno un lavoro straordinario.
Immersi costantemente nella disperazione trovano giorno dopo giorno le forze per conquistare e donare agli altri la dignità che qualcuno spesso non vuole far arrivare ad essere patrimonio di tutti.
13 uomini e donne tra religiosi e laici, presi ad esempio per raccontare il lavoro di tantissimi altri, persone che hanno abbandonato l’ormai compromessa scala dei valori occidentali e che possono essere per noi delle piccole monete regalate da spendere nella ricerca di ciò che è giusto o sbagliato essere.
Un progetto fotografico e video indirizzato alle vecchie e alle nuove generazioni, che come purtroppo ci insegna ogni giorno la cronaca incontrano grandi difficoltà nell’interagire con la società che li circonda”
Ho conosciuto Luciano Perbellini per caso.
Ho conosciuto Luciano Perbellini per caso, per quelle strane coincidenze della vita che ti portano ad incontrare delle persone senza motivo apparente e da quell’incontro aprire gli occhi e viaggiare per il mondo…
Quel giorno abbiamo iniziato a parlare di fotografia (il motivo era l’attuale avventura per 7 mila miglia lontano a cui parteciperà nei prossimi mesi , di cui mi sono appassionato e ne sto scrivendo, sempre su i-MAG, in un link dedicato : 7MML).
Quasi alla fine dell’incontro estrae dalla sua borsa un volume stampato e rilegato in maniera straordinaria dal titolo 13 Coins e con fare discreto e noncurante mi dice “questo è un libro di fotografia che ho fatto qualche anno fa nel 2010 , te lo regalo”.
Inizio a sfogliarlo e fin dalle prime fotografie rimango sbalordito, il bianco e nero mi affascina in modo particolare, ma sono subito attratto dalla “grana”, dall’inquadratura, dal punto di vista, dalla composizione, insomma ogni foto raccontava una storia.
Incantato continuo a sfogliare e vedo che ogni storia è identificata da un numero progressivo da 1 a 13.
Sono infatti 13 storie con ognuna 13 fotografie e con un testo che racconta di ogni persona ciò a cui si sta dedicando.
Tutte persone che regalano la loro vita agli altri, agli ultimi, ai dimenticati , a quelli individui che non contano per nessuno, agli invisibili e che questi straordinari uomini e donne fanno sentire vivi e reali.
Sono storie scritte con parole e descritte con immagini che toccano in profondità , destano sentimenti sopiti, risvegliano coscienze, ti fanno rendere conto che la personale scala di valori deve essere rimessa in discussione.
Sono individui che in silenzio, senza clamori, né luci spot, né tantomeno visibilità, lavorano in sordina per cercare di dare un senso all’esistenza di questi dimenticati.
Luciano Perbellini ha scelto ognuno di loro con attenzione, con metodo, e poi ha respirato con loro, ha sentito con loro, camminato nelle loro scarpe e lo percepisci dalle sue immagini permeate di sentimento, trasudano sofferenza e lo “senti” con gli occhi e ti scuotono nel profondo.
Il secondo coin in particolare mi è rimasto impresso tra i tanti , tutti comunque fortemente toccanti, quello di Rosarina Sampaio, una prostituta che ha creato un’associazione per combattere la prostituzione minorile così diffusa a Fortaleza, in Brasile.
Vedere quelle ragazzine, già segnate, già vinte, già ferite nel profondo mi ha molto colpito e dopo aver osservato questo inferno di immagini, d’interni , claustrofobiche , arriva finalmente l’ultima foto: una ragazzina che corre all’aperto sotto un cielo di nuvole, come fosse finalmente uscita da quel tunnel, come in un sogno, e ho provato una forte emozione.
1st coin
PADRE CARLO E PADRE ADRIANO
4 mila dei loro parrocchiani vivono su una discarica a cielo aperto , altri 36 mila in palafitte adiacenti. Il livello di miseria, del fetore e dell’orrore rasenta l’inimmaginabile.
Canossiani – Manila, Filippine – dal 1989
2nd coin
ROSARINA SAMPAIO
Combatte il fenomeno del turismo sessuale minorile, dove la richiesta da parte del mercato di ragazzine sempre più giovani è a dir poco sconvolgente
Fortaleza, Brasile – dal 1996
3rd coin
PADRE COLOMBO
Ha costruito opere immani in molteplici settori, in un ambiente bruciato dal sole.
Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere ) Karunapuram, India dal 1952
4th coin
SYLVIE PIALOUX
Svolge campagne informative nei villaggi africani sulla Noma, malattia rara e soprattutto sconosciuta. Due volte l’anno organizza e pianifica, con altre Organizzazioni non governative (ONG) gli interventi chirurgici e tutte le cure mediche necessarie per ricostruire i volti divorati dalla stomatite cancrenosa.
Bamako, Mali – dal 1996
5th coin
DON LUIGI
Ha amato e accolto in modo straordinario ogni categoria di bisognosi.
Vercelli
6th coin
CHIRS CLARCK
collabora con gli Indios nel difendere e tutelare il territorio dell’Amazzonia, nel creare modelli di comunità evolute nel cuore della foresta, con scuole, assistenza sanitaria, reti idriche e nel contempo preservare e curare l’intero patrimonio naturale.
Rio Jauaperi, Roraima, Brasile – dal 1984
7th coin
PADRE EGIDIO
Prete, chirurgo e direttore di un ospedale nelle zone controllate dai ribelli nel nord dell’Uganda.
Fuori dall’ospedale due carri armati e tre mitragliatrici hanno protetto per molto tempo l’unico vero rifugio per la popolazione.
Comboniano – Kalongo, Uganda – dal 1976
8th coin
ROBERT PERONI
Vive con gli eschimesi.
Solo sessantacinque anni fa, i nativi vivevano in piena età della pietra. Adesso, in maniera repentina, sono costretti a districarsi tra elicotteri, motoslitte e scaffali di supermercati.
L’alcolismo e i suicidi sono a livelli altissimi, in una civiltà che non trova il ponte fra tradizione e sviluppo.
Tasiilaq, East Greenland – dal 1989
9th coin
PADRE ADRIANO
Costituisce “case famiglia” per i bambini delle bidonville di Bangkok
Pime ( Pontificio Istituto Missioni Estere) – Thailandia – dal 1978
10th coin
PADRE GAMBA
Dà, nelle carceri, assistenza ai detenuti, e si adopera presso i governi affinché adottino sistemi carcerari più efficienti e rispettosi dei diritti umani.
Monfortano – Balaka, Malawi – dal 1978
11th coin
PADRE VITTORIO
Svolge “normale” attività parrocchiale nella jungla filippina
Canossiano – Jipapad, Samar, Filippine – dal 1973
12th coin
ALEXEY NESTERENKO
Ha raccolto in eredità dal padre il Centro Belrad.
Quest’ultimo nato per studiare e creare gli strumenti per la rilevazione delle radiazioni sui corpi, sui cibi e sul terreno, svolge un’intensa attività sui territori colpiti dalla catastrofe di Cernobyl, informando la popolazione su come affrontare tutte le problematiche riguardanti la convivenza con i territori radioattivi.
Minsk, Bielorussia – dal 1986
13th coin
PALERMO
Non una storia su di una persona in particolare, ma l’ultima storia, esempio della testimonianza che vite dedicate al perseguimento dei propri ideali, siano essi religiosi o laici, inevitabilmente seminano e svegliano nelle coscienze ciò che di buono c’è in ognuno di noi. Le morti di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Padre Pino Puglisi, Libero Grassi, Peppino Impastato hanno innescato una catena di movimenti e forze nuove per combattere l’illegalità e difendere la dignità di un popolo.
video di Valeria Lo Meo
Intervista a Luciano Perbellini
Quando è iniziata la passione per la fotografia?
Appena ho dovuto chiudere la passione per il calcio. Due passioni (forti) in contemporanea non possono coesistere, tanto meno se una di queste ti impegna in modo molto importante, come il calcio. Giocavo a livello professionistico e causa un brutto incidente durante una partita, ho dovuto interrompere tutta la mia attività per due anni, frazionata da vari tentativi di ripresa, ma fermare l’attività con un tempo così prolungato a vent’anni, vuol dire uscire completamente dal giro professionistico e quindi ho deciso di prendere in mano l’altra passione, la fotografia.
Perché 13 Coins?
Viviamo in un periodo storico dove l’importante è apparire, sembra che i modelli da seguire siano: arroganza, furbizia e capacità di trovare escamotage, quando invece all’ombra dei riflettori vivono e operano persone straordinarie che quotidianamente lavorano in mezzo a mille difficoltà… ecco sono loro per me i modelli da seguire e quindi me li sono cercati. Ma il tutto nasce per primo da una mia esigenza, poi spero che possa tornare utile anche a qualcun altro sentire e vedere le loro storie.
C’e una logica nelle storie raccontate?
Ho cercato di scegliere persone molto diverse tra loro, con “credi” diversi e soprattutto che operassero in contesti sociali differenti. Non volevo raccontare storie di soli religiosi, perché questo avrebbe “allontanato” parte dell’utenza o comunque in molti avrebbero giustificato il loro operato con: “si ok, bravi ma è il loro lavoro” o giustificazioni simili. Invece volevo, che sia la persona credente che non, trovasse riscontri e similitudini nella rosa dei personaggi raccontati. Ecco perché si va da Padre Vittorio religioso “vecchio” stampo (amo definirlo così perché il suo mondo e il suo contesto in cui lavorava, sembrava davvero il vecchio religioso che andava a colonizzare tribù e popoli lontani dispersi nella giungla) con Rosarina Sampajo, prostituta che ha fatto un lavoro bellissimo e pericolosissimo (è venuta a mancare qualche anno fa) a Fortaleza, per combattere il fenomeno della prostituzione minorile.
Così come i temi, dai bambini nelle bidonville in Thailandia a Chris che lavora per tutelare il patrimonio naturalistico e la biodiversità nella foresta amazzonica.
Quanto tempo hai impiegato? Difficoltà nella realizzazione? Hai avuto uno sponsor?
Più o meno 6 anni. La prima difficoltà è stata convincere le persone a farsi raccontare. Infatti non volevano apparire come degli eroi mentre io chiedevo loro di essere “protagonisti” e dovevo convincerli dell’impostazione del progetto, dove loro erano difatti i protagonisti, ma poi tutti assieme comunicavano un unico messaggio di forza e di speranza, perdendo così le loro individualità.
No non ci sono stati sponsor. Chiaro che li ho cercati, ma quando ho visto, dopo due anni di tentativi che era quasi impossibile farsi aiutare, allora ho deciso di partire da solo, e comporre il lavoro nei ritagli di tempo e soldi… ecco perché ho impiegato 6 anni a concludere il progetto.
Perché hai lavorato tutto in analogico, quando il digitale aveva già fatto la sua presenza sul mercato?
E’ una motivazione personale e facile da contestare.Il digitale era già presente ma io come tanti, inizialmente, lo abbiamo subìto. Lavorare in digitale è veloce, ti porta a scattare senza più quasi pensare, con l’ansia di vedere immediatamente la foto sullo schermo per poi procedere nella post produzione, tutto ciò portava a pensare che il viaggio finisse subito. Invece con l’analogico, la paura di non essere riuscito a “lavorare” bene (perché non puoi controllare lo scatto immediatamente), ti porta giorno dopo giorno a continuare a produrre immagini sempre migliori. Quando torni in Italia procedere con lo sviluppo dei negativi, preparare i provini a contatto, iniziare a stampare, dedicare insomma tutto questo tempo alla “post produzione”, fa sembrare che il viaggio continui ancora per mesi e mesi.
Ora siamo tutti fotografi più maturi e l’atteggiamento verso il digitale è diverso, siamo noi a dominare il mezzo (quasi tutti) forse questa mia personale motivazione di 9 anni fa non ha più senso oggi. Quindi se mi chiedessi adesso se il prossimo progetto lo farò in digitale, la mia risposta è ….no! ( anche non valgono più le motivazioni di quel tempo, ma ne ho delle altre)
Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri?
Al momento sto aspettando il mio turno per coprire due tratte di 7MilaMigliaLontano. Partirò a Febbraio e la prima tratta sarà Sud Africa-Etiopia e la seconda tratta Etiopia-Milano con arrivo il 1 Maggio 2015 in occasione dell’EXPO. Nella prima tratta racconterò il viaggio, i compagni e il tema portante del progetto: il food. Mentre nella seconda tratta lavorerò su un progetto personale, completamente scollegato dal tema del viaggio.
In Sud Africa, dove mi trovo al momento, sto portando avanti un altro progetto simile (ma non tantissimo) a 13 Coins, ma questo avrà tempi e modi di sviluppo ancora lunghi e non del tutto definiti.
Quale è il ruolo del fotoreporter oggi, ha ancora importanza come una volta per testimoniare i fatti nell’era dello smartphone?
I tempi cambiano e la tecnologia pure. E’ chiaro che non puoi più interpretare oggi il lavoro di fotoreporter come Robert Cappa in Vietnam. La news ormai è raccontata dalla gente comune armata di cellulare… Il fotoreporter invece dovrebbe procedere con un lavoro di approfondimento, la news fine a se stessa non è più il suo lavoro. Ma il problema è un altro: a chi interessa il lavoro d’approfondimento? a mettere in crisi il mercato, non è lo smartphone, ma il cambiamento dell’editoria o il modo di fare cattiva editoria.
Ho visto spesso un taglio obliquo nelle tue foto è una tua scelta per accrescere la drammaticità della scena?
Assolutamente no! è un errore d’impostazione che mi porto dietro da sempre, non lo faccio apposta, non riesco a mettere la macchina in orizzontale preciso. Quando facevo fotografia di spettacolo era un dramma, avevo sempre il palcoscenico storto e non è una gran bella cosa. Spesso mi trovo a concentrarmi a posizionare la linea dell’orizzonte dritta che su altre cose più importanti.
Che cosa ne pensi della post produzione?
E’ sempre esistita.In camera oscura non si mascherava? non si usavano i filtri? mi sembra un argomento di poco conto e superficiale.
Si può manipolare la verità molto di più in fase di ripresa che in post produzione e non parlo di ricostruzioni artificiose, basta scattare una foto in una direzione piuttosto che in un’altra e il messaggio può essere stravolto.